Marco Lorenzi, riflessioni

La formazione è essenziale per la vita del teatro e sta diventando il problema numero uno. L’educazione del regista, l’educazione dell’attore e l’educazione degli spettatori: ciò che può garantire un futuro al teatro è sicuramente l’educazione.
La pedagogia è parte del lavoro del regista in ogni caso. La mia professione è il regista, e come tale agisco sempre come pedagogo, ma in questo caso non stiamo parlando di regia, ma solo di pedagogia.


Cos’è andato perso?
La formazione ha perso la sua caratteristica principale: la qualificazione. Oggi, in Italia come nel resto d’Europa, la formazione è diventata superficiale, troppo veloce, una formazione espressa per tutti; non seleziona più le persone che sono determinate, che sono adatte a questo tipo di professione. Questo nel teatro è assolutamente necessario. Il teatro non è una facoltà umanistica, ma una facoltà speciale.
Ripartire dalle fondamenta, per evitare che gli allievi siano le cavie di un processo di autoapprendimento di futuri maestri, e per restituire valore e spessore all’arte del teatro, mettendo in moto un’azione di cambiamento del sistema attraverso la riqualificazione generazionale.
Ricerca e studio dell’oggetto drammatico, studio dell’azione, lavorare a comporre e organizzare l’azione, lavorare alla libera formazione del “materiale” scenico, sulla relazione, sull’osare, sono alcuni dei punti cardine su cui ruota il lavoro quotidiano del Mulino di Amleto.

Perché LO STUDIO?
Perché questa parola combina in sé due significati diversi: è sia un’idea di pratica che un’idea di luogo. Ed è una pratica per accompagnare l’intera vita dell’artista: la pratica della curiosità, del miglioramento costante, del cambiamento, del piacere e dell’instancabile ricerca.
E’ qualcosa che può esserci o non esserci e il tutto avviene quando l’attore entra in scena. Il metodo/non metodo combina assieme l’analisi del testo e la pratica dell’improvvisazione attraverso “azioni” che permettono all’attore di fare proprio il senso del testo e di recitare improvvisando, dando spazio alla propria immaginazione.

Un attore deve avere talento e un buon pedagogo deve avere pazienza. Il talento ha bisogno di pazienza e ogni giorno bisogna educarlo professionalmente. Perché se il talento non è rafforzato da un allenamento professionale, da una abitudine professionale, distrugge la persona. Non intendo che un pedagogo debba amare per forza i suoi allievi. Ho intrapreso questa strada con tutta la pazienza che possiedo. Avere pazienza è un atto eroico.

Marco Lorenzi